27.2.13

Je Tu Il Elle

Chantal Akerman
Francia, Belgio, 1974
86 minuti

Primo lungometraggio di Chantal Akerman (se escludiamo Hotel Monterey, che come durata è inferiore all'ora) strutturato in tre parti ben distinte dove,  soprattutto nella prima mezz'ora, si aggancia in un certo modo al suo cortometraggio d'esordio Saute Ma Ville, riprendendone la tematica principale sull'alienazione.
Ma se il film del 1968 era anche contornato da una sottile linea d'ironia in cui, a fine pellicola la Akerman faceva esplodere il suo appartamento, questo Je Tu Il Elle affonda in maniera decisamente più seria ed estrema sull'argomento, esplorando il disagio interiore della protagonista (la stessa Akerman), le relazioni sociali e la sua sessualità.
Nella prima parte la regista si "autofilma" in completo isolamento all'interno di un appartamento spoglio, quasi fatiscente, dove resta rinchiusa per un determinato periodo di tempo (28 giorni dalla fine delle lettere, ma molti altri ne sono passati prima) a compiere azioni ripetitive e apparentemente immotivate:
"E così me ne andai, in una piccola stanza bianca al piano terra, stretta come un corridoio, dove rimasi immobile sul mio materasso. Il primo giorno dipinsi il mobile di blu. Il secondo giorno lo ridipinsi tutto di verde. Il terzo giorno lo misi nel corridoio. Il quarto giorno mi sdraiai sul materasso. La stanza vuota sembrava più grande. Il quinto giorno spostai il materasso, dopo di che lo sollevai contro la finestra e poi contro il muro."

Mentre fuori nevica, la protagonista, Julie (così riporta la scheda su wikipedia, ma nel film sinceramente non viene mai nominata) scrive una serie di lettere che sparpaglia per l'appartamento, mangiando un enorme quantità di zucchero, mettendosi nuda di fronte alla finestra ad osservare il mondo esterno e aspettando che smetta di nevicare per poter uscire da quello interno che lei si è costruita. La seconda parte del film ci mostra Julie che, dopo aver fatto l'autostop, viene caricata da un camionista (Niels Arestrup). Dopo due tappe, una al ristorante e l'altra in un locale, i due si rimettono in viaggio e l'uomo, dopo essersi fatto masturbare dalla ragazza, comincia a raccontarle/arci la storia della sua vita (l'incontro con la moglie, il rapporto con i figli, i suoi desideri e avventure erotiche), inquadrato su un piano sequenza di quasi 10 minuti. Conclusa la parentesi con il camionista, Julie si reca a far visita ad una sua amica (Claire Wauthion). Quì inizia la terza parte del film che, dopo un primo momento di perplessità da parte della giovane donna, in cui sembri non voler accettare molto volentieri la visita della protagonista (qualcosa in passato è successo, ma non è dato sapere), si conclude invece con una delle migliori e più artistiche scene erotiche mai viste. I corpi avvinghiati delle due donne sembrano sculture animate, che si esibiscono in svariate pose per ben 14 minuti, ripresi sempre a campo medio-lungo e senza indulgiare sui dettagli sessualmente attivi, evitando così di scadere nella volgarità e mettendo quindi in risalto altri particolari, come la camera da letto, le lenzuola o il pupazzo appeso alla parete. Insieme all'uso del bianco e nero, il risultato finale è un puro ed indimenticabile momento di erotismo d'autore. Sotto il profilo tecnico, tutto il film continua a viaggiare sui binari dello sperimentalismo avviato con i precedenti lavori della regista, Hotel Monterey in primis: minimalismo essenziale (che raggiungerà il culmine l'anno seguente con Jeanne Dielman), stilisticamente perfetto, composto quasi totalmente da lunghissime inquadrature a camera fissa e che fanno di questa pellicola, una vera e propria anticamera al cinema d'avanguardia attuale. Una visione obbligata per poter arrivare per esempio, a film come Brownian Movement (2010).

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